Questionario di Holden: Annalisa Pardini

Quando hai letto il tuo primo libro?
A sei anni, quando ho imparato a leggere, più che cimentarmi con un intero libro ho letto alcune poesie, di Trilussa, che mi erano state recitate da mio nonno. La prima scelta autonoma è stata, dopo poco, Ossi di seppia di Montale.

Ha delle abitudini particolari durante la scrittura?
L’unica costante che mi accompagna durante l’atto dello scrivere è una concentrazione intensissima che (solo momentaneamente) mi sottrae allo spazio e al tempo circostanti.

Attualmente stai lavorando a qualche libro?
La poesia è per me un canale di interazione col mondo, un modo per reagire alle sue sollecitazioni e anche per plasmarlo in forme che io auspico migliori. Dunque scrivo sempre. E cestino molto. Se nascerà un libro, lo saprò solo poi.

Com’è il tuo spazio di scrittura?
Il mio spazio di scrittura è interiore e si nutre di concentrazione: posso dunque scrivere in ogni contesto, davanti al mare come alla stazione ferroviaria, a letto come su uno sgabello in cucina.

Qual è la cosa più difficile che hai dovuto scrivere nel tuo libro?
Il titolo. La raccolta contiene poesie scritte in più anni, anche distanti tra loro, e si snoda su tre fili conduttori che si intrecciano ma hanno anche divergenze, perciò è stato necessario trovare per il titolo una sintesi efficace e sincera.

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