Il numero 17 porta davvero sfortuna?

Anche questa superstizione sembra derivare dalle nostre origini latine, quando scrivevamo tale numero così: XVII, ovvero 10 più 5 più 1 più 1. Essendo amanti delle arguzie e dei giochi di parole, gli antichi Romani si accorsero presto che anagrammando 17 ottenevano VIXI, cioè il perfetto (un tempo verbale simile al nostro passato remoto) del verbo latino vivo, col significato di “ho vissuto” in senso perfettivo, cioè di azione conclusa, dunque… sono morto!

Perché durante il matrimonio ci scambiamo le fedi?

Questa usanza arriva dal mondo latino. Quando il ricco romano sposava la sua bella matrona, provvedeva a fare una copia della chiave della cassaforte di famiglia e a consegnargliela, come a dirle: “Adesso sei tu che dovrai provvedere all’economia domestica e, dato che mi fido di te, ti consegno le mie, le nostre, ricchezze… fanne buon uso!” Proprio questo atto concreto di fiducia (in latino fides, evoluto nell’italiano fede), unito al fatto che simili chiavi venivano indossate come anelli, è stato assunto dal cristianesimo nel suo significato morale, a simboleggiare la fedeltà reciproca dei coniugi… In fin dei conti, oggi chi vorrebbe consegnare una cassaforte alla novella moglie, almeno senza prima averne testato le doti da economista?

Qual è stata la partita più lunga nella storia del calcio?

Con ben 158 minuti di gioco si aggiudica il record il match Torino-Legnano disputato nella stagione 1920-1921. All’epoca infatti il regolamento non prevedeva un limite ai tempi supplementari: finché una delle due squadre non avesse fatto gol il gioco sarebbe proseguito a oltranza. Fu così che il Torino e il Legnano, impegnate in uno spareggio del girone di semifinale interregionale per l’ammissione al campionato nazionale, finiti i tempi regolamentari con un imparziale 1-1, proseguirono per due tempi supplementari di 30 minuti ciascuno e per altri 8 minuti del successivo. Non riuscendo a segnare e preda della stanchezza, entrambe decisero di sospendere il match rinunciando anche a un’ulteriore partita da disputare in futuro… e auto-eliminandosi dal girone!

Perché gli juventini sono detti ‘gobbi’?

C’è chi dice che abbia a che fare con l’appellativo ’Vecchia signora’: la squadra bianconera avrebbe la schiena curva come le persone anziane, appesantita dagli anni… e dalle vittorie. Proprio le numerose vittorie, agli occhi degli avversari, la accuserebbero di godere di una fortuna davvero sfacciata… e si sa, il gobbo è per tradizione un auspicio di buona sorte. La spiegazione più razionale tira invece in ballo una maglietta indossata dai giocatori della Juve negli anni Cinquanta: dotata di una generosa scollatura a V, durante la corsa faceva entrare molta aria che defluiva sul retro andando a rigonfiare le spalle e generando una piccola gobba, in barba all’aerodinamica.

Perché la caffettiera si chiama moka?

Questa parola fu coniata dai portoghesi, che circa cinquecento anni fa iniziarono a esportare il caffè in Europa attraverso il porto di Al-Mukha, sul Mar Rosso. Pur provenendo dalle vallate e dagli altipiani dell’Haraz, distante circa un centinaio di chilometri da quel mare, il caffè ha assunto il nome della cittadina portuale oggi yemenita, nome che è finito poi a indicare la caffettiera inventata nel 1933 dall’italiano Alfonso Bialetti appositamente per la corposa miscela arabica.

Che tipo di catastrofe potrebbe annientare l’umanità?

Con una probabilità su due nei prossimi trent’anni, l’umanità potrebbe essere drasticamente annientata da una pandemia. Che si tratti di un virus già conosciuto e mutato o di uno del tutto nuovo, non saremmo preparati a un simile evento e, così afferma Le Scienze, ci scopriremmo vulnerabili e destinati all’estinzione. Con un’eventualità su trenta nei prossimi dieci anni, anche una guerra o un sabotaggio nucleare potrebbero mandarci tutti al creatore. Altrettanto devastanti potrebbero essere una supertempesta solare – una possibilità su venti nei prossimi quindici anni – e il riscaldamento globale incontrollato, con una probabilità su due negli immediati due secoli. Seguono, con irrisorie chance, l’esplosione di un supervulcano e scenari da Armageddon in cui un asteroide gigante impatterebbe nel nostro pianeta.

Da dove viene il nome Italia?

Questione a oggi irrisolta: alla vigilia dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’unità, ancora non sappiamo chi ci ha chiamato così e soprattutto per quale motivo. Ecco che le ipotesi si sbizzarriscono… C’è chi dice che derivi dal latino vitulus, ’vitello’: la nostra sarebbe una ’terra di giovani bovini’ forse in riferimento ad antichissimi culti preromani rivolti a divinità taurine. Altri, seguendo le antiche fonti greche, la dicono Aithalìa, cioè ’la fumosa’, forse in riferimento ai vulcani della Magna Grecia, o meglio ancora al nome ellenico dell’Isola d’Elba e all’attività mineraria etrusca lì praticata. Proprio le esalazioni dei forni per fondere il ferro avrebbero quasi offuscato l’isola toscana e la costa antistante; lo stesso nome fu infatti dato a Lemno, isola greca dell’Egeo famosa per le sue miniere di minerali ferrosi. Infine, sempre tramite la cultura greca ma rovistando tra più antiche parole, l’Italia sarebbe la misteriosa Atalu semitica, ovvero ‘la terra del tramonto’, quelle nebbiose lande occidentali oltre il mare, regno di esseri e divinità fantastici.

Perché la Luna sembra più grande sull’orizzonte?

Capita spesso di notare come la Luna appena sorta o al tramonto sembri molto più grande di quando si trovi alta nel cielo. Ma è solo un’illusione. L’occhio viene beffato dal confronto tra la sfera luminosa e le silhouette del nostro orizzonte: in questo modo la Luna appare più lontana, misurata su palazzi, alberi, montagne che si ergono appena sul filo dello skyline, molto distanti da noi. Una volta superati questi oggetti, il nostro satellite ci sembra più vicino e dunque, poiché le sue dimensioni reali non variano, molto più piccolo. Ma volete vedere una Luna davvero gigantesca? Scattatele alcune foto con un potente teleobiettivo appena sorge: avrete l’impressione di poterla toccare!

Perché il 25 dicembre è Natale?

Perché in quel giorno si celebra la nascita Gesù Cristo, che domande! Risposta esatta, ma solo in parte.
La festa cristiana affonda infatti le proprie radici nel paganesimo, esattamente nel culto del Sole Invincibile: si tratta di una divinità latina che condivide molto con altre figure celesti orientali come Mitra ed Helios, le cui caratteristiche sono poi passate al Redentore. Celebra il Sole al solstizio d’inverno, quando finalmente la luce riconquista il giorno e le notti iniziano a farsi più brevi. Luce e buio, bene e male, salvezza e dannazione: tutto lo sfavillare delle decorazioni natalizie per sconfiggere le tenebre. Volete toccare con mano? Con apposti software potete calcolare quando cadeva il solstizio d’inverno di duemila anni fa… esattamente tra il 24 e il 25 dicembre.

Che cosa sono i segni zodiacali?

Si tratta delle costellazioni che si trovano sull’eclittica, cioè sul cammino apparente del Sole in cielo. Appartenere per esempio al Capricorno, significa che nel giorno in cui si è nati il Sole sorge nel punto dell’orizzonte dove, appena prima dell’alba, è visibile la costellazione del Capricorno, che poi scomparirà nella luce abbagliante dell’astro. In realtà, chi ai nostri giorni nasce tra dicembre e gennaio, nel giorno del proprio compleanno vedrebbe sorgere il Sole nel Sagittario: lo zodiaco come lo intendiamo oggi è stato infatti codificato circa 2000 anni fa e tale è rimasto, non tiene cioè conto della precessione degli equinozi, ovvero del movimento oscillatorio dell’asse terrestre che ‘ha spostato’ tutto il sistema delle costellazioni all’indietro.