Questionario di Holden: Francesco Siciliano

Preferisci libri stampati, audiolibri o e-book? Perché?
Il libro cartaceo è stato per gran parte della mia vita l’unico mezzo per poter leggere. Tenere in mano un volume da sfogliare, sentirne la consistenza e l’odore, è un’abitudine ormai così consolidata che non riesco a considerare altri modi.

Qual è la cosa più difficile che hai dovuto scrivere nel tuo libro?
Scrivere in dialetto acrese! È la mia lingua madre, mai persa anche se da tanto non vivo più ad Acri, però non è per niente facile scriverla, perché ha dei suoni che non hanno una corrispondenza grafica precisa e questo ne impoverisce l’efficacia.

Chi è il tuo primo lettore a libro finito?
Paola e Chiara, moglie e figlia. Leggono il testo dopo la prima stesura ed evidenziano quello che non funziona, in modo da intervenire nella prima revisione del testo. È uno scambio continuo, anche per testare l’efficacia di un singolo periodo.

Cosa ha ispirato l’ambientazione del tuo libro?
Gli eventi si svolgono in un ambiente naturale attraente e in un contesto urbano, Acri, dove le persone vivono e si esprimono con originalità. Gli ingredienti erano già pronti: mentre scrivevo ho avuto l’impressione di doverli solo combinare insieme.

Fai una scaletta di ciò che vuoi scrivere o ti lasci guidare dalla storia?
Narratore architetto o esploratore? Non riesco a progettare, mi sento a mio agio quando mi muovo in un ambiente sconosciuto, da scoprire passo dopo passo. Quando scrivo mi sento esploratore e mi piace sorprendere me stesso per quello che viene fuori.

Questionario di Holden: Leonardo Nanna

Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
Stephen King: celebre per la sua capacità di intrecciare horror/thriller con un’intensa analisi psicologica dei personaggi. Le sue storie non si limitano a spaventare, ma scavano nelle paure più profonde dell’animo umano.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Ho scritto La scia dell’uroboro perché sono affascinato dal magnetismo dei cold case, da quei misteri irrisolti che sembrano sospesi nel tempo. L’esoterico aggiunge un livello oscuro e simbolico, dove la verità si nasconde tra segreti del passato.

Consigliaci un libro da leggere.
Dio di illusioni di D. Tartt è un thriller psicologico avvolgente, che esplora colpa, bellezza e moralità. Con uno stile elegante, personaggi magnetici e un’atmosfera accademica decadente, svela il fascino oscuro dell’ambizione e della trasgressione.

Attualmente stai lavorando a qualche libro?
Sì, sto lavorando alla terza indagine dell’ispettore Olivetti. Questa volta sarà lontano dalla “sua” Pisa, costretto a muoversi in un territorio che non gli appartiene, tra nuovi volti e enigmi. Un caso che metterà alla prova il suo intuito.

Chi è il tuo primo lettore a libro finito?
Il mio primo lettore è la mia compagna. Con occhio attento e sincero, mi aiuta a smussare gli angoli, affinare i dettagli e dare profondità alla storia. Il suo sguardo critico è essenziale per rendere il libro quello che deve essere.

Questionario di Holden: Maurizio Gavinelli

Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
Amo molto la letteratura americana moderna: oltre a Philip Roth, Cormac McCarthy, Richard Ford e Bret Easton Ellis, così diversi ma così grandi. In spagnolo Javier Marìas e Vargas Llosa, il giapponese Murakami Haruki, il portoghese Lobo Antunes.

Attualmente stai lavorando a qualche libro?
Sulla vita di un chirurgo che viene dal niente, è un genio che scala tutte le gerarchie e non può fare a meno del delitto… E la poesia, sempre.

Com’è il tuo spazio di scrittura?
Scrivo ovunque, ma soprattutto nel mio studio, che è anche professionale, circondato da libri e da pubblicazioni scientifiche, da stampe antiche di operazioni chirurgiche e ricordi di viaggio. Direttamente al computer, ormai poco a mano.

Puoi esprimere un desiderio. Vorrei saper scrivere come…?
È un desiderio impossibile: tra tutte le epoche, le letterature. Non saprei da che parte girarmi. Vorrei poter migliorare ogni giorno, ma mi è ben chiaro che ci sono dei limiti. Un poeta? Wallace Stevens. Un narratore? Vladimir Nabokov.

Cosa ha ispirato l’ambientazione del tuo libro?
È un’epoca che ho vissuto in prima persona, intensamente, nello stesso contesto storico, negli stessi luoghi, tra persone assai simili a quelle rappresentate nella finzione del racconto.

Questionario di Holden: Rudy Stefani

Quando hai letto il tuo primo libro?
Ho letto il mio primo libro, Addio alle armi di Ernest Hemingway, a quattordici anni durante le vacanze estive. È stato un approccio tardivo alla lettura, ma che mi ha folgorato. Da allora la lettura è una parte fondamentale della mia esistenza.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Il libro che presento nasce da una riflessione sul diventare adulti, su quegli eventi della vita che fanno perdere le proprie coordinate e riferimenti, ma che ci consentono di ricostruirci nuovi in una dimensione matura e consapevole.

Attualmente stai lavorando a qualche libro?
Ho terminato la stesura di un altro romanzo qualche settimana fa, è la storia di due donne molto diverse legate da vincoli pericolosi e invisibili che si intrecciano in una vicenda complessa che ha come sfondo la storia recente del nostro Paese.

Cosa ha ispirato l’ambientazione del tuo libro?
L’ambientazione del mio romanzo è ispirata alla terra in cui vivo, il Veneto. La luce, le forme e i colori del bosco, delle colline sospese tra le Prealpi e la pianura rappresentano il mio mondo e sono immagini che ricorrono in ogni mio racconto.

Fai una scaletta di ciò che vuoi scrivere o ti lasci guidare dalla storia?
Quando scrivo mi lascio guidare dal racconto, i personaggi e le vicende sembrano essere custodite nella mia dimensione creativa da un tempo lontano, chiedono solo di essere liberate. Lo scrivere diventa occasione per lasciarle andare e raccontarle.

Questionario di Holden: Anna Violi

Quando hai letto il tuo primo libro?
Credo che la lettura dei libri abbia accompagnato il mio percorso di crescita. Ho letto con interesse libri di narrativa, scienze, saggistica… tutto dipendeva dal mio bisogno di entrare in un mondo nuovo.

Come scrivi di solito, a mano o col computer?
Al computer, d’abitudine. A mano quando sono ispirata da qualcosa e devo annotarla… il problema è ritradurre in seguito quello che ho scritto perché ho una grafia pessima.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Il bisogno di reagire a qualcosa di imprevisto. Una reazione che è divenuta catarsi, sogno, introspezione, crescita, dolce saudade.

Ha delle abitudini particolari durante la scrittura?
No. Mi siedo davanti al computer e inizio ad elaborare un’idea, un accenno della stessa dapprima ad occhi chiusi, per poi trasferirla sulla tastiera iniziando a creare un mondo nuovo che assumerà fisionomie sempre più definite, pagina dopo pagina.

Scrivi ascoltando musica?
Non sempre, dipende dal mio stato d’animo e dal bisogno di concentrazione. La musica mi aiuta a perfezionare e approfondire pulsioni emotive che vibrano cercando appoggi.