
Qual è il momento più soddisfacente del processo di scrittura per te?
Quando sento che il lettore sta seguendo il coniglio bianco, sta entrando nel mio mondo e si sta perdendo in quello che scrivo. Vive e soffre insieme ai miei personaggi e mi chiede quando avrò finito di scrivere. Pensandoci sono un po’ sadica!
Come gestisci la critica costruttiva, sia da parte di lettori che di editori?
Sembrerà banale, ma la prendo come occasione di crescita. Spesso non è la pagina che lacrima, ma il nostro ego. Mi do’ una pacchetta sulla spalla, mangio un cioccolatino (ok, una torta al cioccolato), poi mi rimetto al lavoro!
Ti capita mai di scrivere in uno stile o genere diverso da quello che solitamente adotti? Perché?
Si, sono copywriter e ho imparato a usare varie voci, per lavoro. Spesso mi lascio anche influenzare dalle letture del momento, trovare la mia voce, ma la mia voce “leggibile” da scrittrice, non è stato facile, ma penso di avercela fatta!
Quando scrivi, cerchi di scrivere per un pubblico specifico o ti concentri prima di tutto su te stessa?
Mi attengo alla massima del grande Steven Spielberg che disse, nel suo On Writing: “Sono pagato per raccontare storie, non per autocommiserarmi”. Cerco quindi di prendere in mano il mio destino di cantastorie e appassionare le mie lettrici!
Come affronti il momento in cui una storia che hai scritto giunge alla fine?
Di solito capisco che una storia è finita proprio quando mi lascia in un silenzio esterrefatto. In quel momento solenne, mi capita di piangere, come se avessi perso un amico.