Questionario di Holden: Alessandro Belogi

Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
I miei scrittori preferiti sono quelli di cui, ogni volta che li leggo, provo un sentimento di vertigine. Mi fanno sentire piccolo all’ombra della loro grandezza. Tra tutti, penso che il più brutalmente perfetto sia Kundera.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
La necessità di scrittura che sento dentro di me. Un desiderio quasi doloroso di comunicare il mio mondo interiore, imperfetto e sfuggente. Dargli vita attraverso le parole così da non lasciarlo marcire inespresso.

C’è una tematica ricorrente nelle tue opere? Se sì, quale?
La fuga costante dal reale, la ricerca di un rifugio attraverso l’immaginazione. Questo con tutti i suoi disagi: l’isolazione, lo straniamento dalla contemporaneità, l’incomunicabilità tra il proprio mondo interiore e l’esterno.

Se il tuo libro fosse un album musicale, quale genere o artista sarebbe la colonna sonora ideale?
Questo libro, pur chiamandosi “Blues”, lo sento più rock. Il rock degli anni ’60 e ’70, Led Zeppelin, King Crimson e Pink Floyd. Una bestia informe che ricerca insaziabilmente la bellezza, come appunto Echos dei Pink Floyd o Starless dei King Crimson.

Come affronti il momento in cui una storia che hai scritto giunge alla fine?
Mi sento vuoto e inizialmente triste. Ho sempre il terrore di non aver comunicato tutto quello che dovevo, di non aver reso alla perfezione l’idea che avevo in mente. Poi, rileggendo, se il lavoro è fatto a dovere, mi sento finalmente completo .