Recensione “La vendetta” di Agota Kristof

Traduzione di Maurizia Balmelli
Einaudi

Leggendo La vendetta ho avuto spesso la sensazione che Kristóf scrivesse trattenendo il fiato. I racconti sono brevi, spogli, inevitabili. Succede qualcosa di duro, a volte di crudele, e nessuno lo commenta, nemmeno l’autrice. La vendetta non è un riscatto, è solo ciò che resta quando non c’è più nulla. È un libro che non accompagna il lettore: lo lascia solo, come fanno certe verità dette senza enfasi. L’ho chiuso in fretta, ma non l’ho lasciato andare.

Avevi paura di nascere, e ora hai paura di morire.
Hai paura di tutto.
Non bisogna avere paura.
C’è semplicemente una grande ruota che gira. Si chiama Eternità.
Sono io che faccio girare la grande ruota.
Non devi avere paura di me.
E neanche della grande ruota.
L’unica cosa che può fare paura, che può fare male è la vita, e quella la conosci già.”
Racconto “La grande ruota”


a cura di Marco Palagi

Recensione “All’ombra del padre” di Richard Russo

Traduzione di P. Bertante
Sonzogno

Questo lungo romanzo mi ha fatto tornare in un luogo che conosciamo tutti: quello in cui l’amore non è semplice, non è detto, ma pesa. È la storia di un padre difficile da amare, la cui presenza pesa come un’ombra lunga, e di un figlio che cresce cercando spazio per respirare. Un libro che fa male in silenzio. Richard Russo scrive con una delicatezza che disarma, senza giudicare, senza spiegare troppo e racconta l’amore imperfetto, quello che non sa dirsi, fatto di assenze, ironia amara e tentativi goffi di restare vicini. Leggendolo ho avuto la sensazione che parlasse anche di me, di quello che resta dei nostri padri dentro di noi. È una storia che somiglia alla vita: ti prende piano, poi ti accorgi che parla anche di te. E quando chiudi l’ultima pagina, qualcosa resta, come un nodo alla gola che non se ne va. Un libro che non si dimentica, perché non chiede di essere capito, ma sentito.

“La nostra era probabilmente l’unica casa di Mohawk sempre chiusa a chiave. L’unica a dover rimanere tale, diceva mia madre. Io sapevo perché, anche se non avrei dovuto. Era per tener fuori mio padre.”

a cura di Marco Palagi

Recensione “Destini peggiori della morte” di Kurt Vonnegut

Traduzione di Graziella Civiletti
Bompiani

Vonnegut qui non costruisce una storia: apre una finestra su di sé. Tra memorie, appunti e conferenze, racconta le sue ferite e il suo modo di restare in piedi in un mondo spesso assurdo.
Il suo sarcasmo tenero attraversa tutto: guerra, politica, famiglia, arte. Sembra parlare direttamente al lettore, con quella lucidità storta che fa sorridere e pensare insieme.
Un libro che non offre risposte, ma uno spazio onesto in cui riconoscersi. E che ricorda, con gentilezza ruvida, che si può guardare il caos negli occhi e continuare comunque.

“Io so essere più svelto della Chiesa Cattolica Romana nell’annunciare chi è santo, dato che non richiedo prove da aula di tribunale sulla capacità dimostrata dal tal dei tali in almeno tre occasioni, di compiere magie con l’aiuto di Dio. Per me è sufficiente se una persona […] trova senza difficoltà che tutte le razze e le classi sono ugualmente rispettabili e interessanti, e non le ordina secondo il loro denaro.”

a cura di Marco Palagi

Recensione “Train Dreams” di Denis Johnson

Traduzione di Silvia Pareschi
Mondadori

La vita di Robert Grainier scorre tra boschi, ferrovie e silenzi che sembrano parlare più delle parole. È la storia di un uomo qualunque, e proprio per questo universale: perdita, stupore, solitudine, un’America che cambia troppo in fretta.
Johnson scrive con una luce che taglia: semplice, nitida, capace di ferire e consolare nello stesso istante.
Un libro da leggere in un soffio, ma che resta dentro a lungo — come un treno che continua a passare nella memoria.
Super consigliata la visione del film tratto dal libro, disponibile su Netflix: atmosfere alla Terrence Malick, splendida fotografia, un Joel Edgerton nel ruolo del protagonista che tiene magnificamente in piedi un film fatto di silenzi, amore, dolore e rinascita.

“Grainier senti gli occhi di sua figlia posarsi su di lui nel buio, come quelli di una bestia presa in trappola. Era solo uno scherzo dei suoi pensieri, eppure gli mandò qualcosa di freddo giù per la schiena. Rabbrividì e si tirò su la trapunta fino al collo. Per tutta la vita Robert Grainier avrebbe ricordato quel preciso momento di quella precisa notte.”

a cura di Marco Palagi

Recensione “Le stelle si spengono all’alba” di Richard Wagamese

Traduzione di Nazzateno Mataldi
La nuova frontiera

Un ragazzo accompagna suo padre morente in un ultimo viaggio tra i boschi del Canada.
Non c’è redenzione facile, né lacrime sprecate. Solo la terra, il silenzio e due vite che provano — finalmente — a riconoscersi.
Wagamese racconta l’amore taciuto e la fragilità di chi cerca un posto nel mondo. La sua scrittura è limpida, ferma, piena di rispetto per la natura e per la dignità umana.
È un romanzo che parla piano ma lascia un’eco lunga: quella di un figlio che impara a vedere il padre, e di un uomo che trova la pace nel momento in cui il giorno si spegne.
Un libro da leggere lentamente, come si ascolta il crepitio del fuoco quando fuori nevica.

“Era quello il nocciolo della sua infanzia. Quelli i ricordi che custodiva dentro di sé. La fatica e il duro lavoro e il continuo spostarsi, inseguendo un’occupazione dopo l’altra, dimenticati in quella magia; il riversarsi delle parole dalla pagina e la sensazione di intimità in qualunque misero riparo potessero permettersi o che fosse messo a loro disposizione. La sua idea di famiglia racchiusa per sempre nell’abbraccio condiviso di una storia.”

a cura di Marco Palagi

Recensione “Serena” di Ron Rash

Traduzione di Valentina Daniele
La nuova frontiera

Una discesa elegante e feroce nel cuore oscuro dell’ambizione.
Nelle montagne degli Appalachi degli anni ’30, Serena e Pemberton costruiscono un impero di legno e sangue, sfidando tutto: la natura, la legge, il destino.
Rash firma un romanzo magnetico, dove la protagonista è una forza della natura: carismatica, spietata, impossibile da dimenticare. Una Lady Macbeth moderna che trascina chiunque nel suo vortice.
Un libro che ti rimane addosso, come l’odore del fumo dopo un incendio.
Consigliato a chi ama storie potenti, atmosfere cupe e personaggi che lasciano il segno.

“Voi uomini osservate così poco, Pemberton. La forza fisica è l’unico vantaggio del vostro sesso.”

a cura di Marco Palagi

“Last Taxi Driver” di Lee Durkee: umorismo e onestà sul sedile di un taxi scalcinato

di Marco Palagi

Un libro fantastico. Vero, triste, divertente, a volte terrificante. Un ritratto della vita di un tassista di mezza età – romanziere fallito – che traghetta come un moderno Caronte nel suo taxi anime più o meno selvagge, spezzate, figlie delle storie tanto amate di Bukowski e Vonnegut. In mezzo a un flusso di personaggi oltremodo sconcertanti, Lou Bishoff in un solo giorno va da una parte all’altra del Mississippi con la sua Lincoln scassata, con deodoranti a forma di Shakespeare, disquisendo su Ufo, tossicodipendenza, mollando clienti in un Motel scalcinato, litigando, imprecando nel traffico, rimettendosi agli ordini del suo capo che lo obbliga, forse, ad essere complice degli altri ma anche di un paese in difficoltà e succube di Uber. Gli alcolisti, i pazienti trapiantati, una “fidanzata letargica”, le vecchie signore e i drogati sono un grande quadro della vita che, dal sedile posteriore di una Town Car, entrano con irruenza nella nostra esistenza, ci fanno sentire meno in colpa per la rabbia quotidiana che riversiamo spesso sugli altri e ci mostrano il buono e il cattivo dell’oggi.
Se abitassi dalle parti di Lou mi farei scorrazzare in giro, sul sedile anteriore, per essere complice e testimone, con lui, della nefandezza umana. Imprecando contro gli automobilisti, ovviamente! Ma con umorismo e onestà, come fa Lee Durkee in questo divertente e originale libro.

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“Cleopatra. L’ultima regina d’Egitto” di Christian Jacq: una lettura storica e suggestiva

di Venusia Marconi

Un tratto di biografia romanzata. Potremmo definirlo così il libro dell’egittologo più famoso del mondo, Christian Jacq, dal titolo Cleopatra. L’ultima regina d’Egitto. Un tratto perché l’opera vede all’inizio l’esilio della giovane regina e alla fine un Tolomeo Cesare fanciullo. Una biografia romanzata perché elementi storici e fantastici si intrecciano continuamente dando vita ad una trama interessante, suggestiva e coinvolgente.
A volte, genericamente parlando, è difficile capire dove termini la Storia e cominci il mito, ma è certo che Cleopatra ha da sempre alimentato una certa curiosità nei suoi confronti, divenendo il centro di numerosi studi storici – riguardanti ad esempio il suo ruolo nell’Antico Egitto in quanto regnante donna o le abitudini cosmetiche dell’epoca – ma anche di moltissime opere letterarie e cinematografiche. Nello specifico, quella di Jacq, è una donna estremamente bella, intelligente, forte nello spirito, carismatica e dedita ai misteri delle divinità egizie. Capace tanto di amare appassionatamente e in modo totalizzante un uomo come Giulio Cesare, al punto da fargli quasi dimenticare la sua Roma, quanto di tenere alto il morale di quell’esercito di fortuna che è riuscita a costituire durante l’esilio. La sua sensualità è esaltata da unguenti, gioielli e abiti pregiati, richiamando la ricchezza che si percepisce nei tratteggiamenti riguardanti Alessandria, opulenta e profumata.
Ma nel libro troviamo anche elementi più aspri, quali descrizioni di tattiche e manovre militari, del resto la guerra civile è tema cruciale nella storia della regina. L’autore, però, forse grazie anche a dettagli numerici che possono frenare il pathos, di norma riesce a evitare che la crudezza della morte appesantisca il clima della narrazione. Persino di fronte alla testa mozzata di Pompeo, il disgusto arriva e si dilegua, incalzato dagli eventi che si susseguono.
I capitoli sono brevi, il linguaggio basico, senza virtuosismi, e queste caratteristiche contribuiscono a rendere la lettura veloce e leggera.
Il libro, nel complesso, è piacevole. Se è vero che qualche volta si ha l’impressione che le divinità intervengano un po’ troppo nel corso degli eventi storici, quasi come dei ex machina interpellati con regolarità in un’atmosfera fortemente spirituale, è altrettanto vero che, oltre a fare un’ottima compagnia, queste pagine hanno il merito di spingere il lettore ad approfondire alcuni eventi dell’antico Egitto e alcuni tratti di Cleopatra, una figura che ancora oggi non smette di incantare.

“Il Capitano e la Gloria” di Dave Eggers

“Se davvero noi crediamo che chiunque possa far carriera fino a diventare capitano dovremmo provarlo eleggendo la persona meno qualificata e meno rispettata su questa nave: un uomo che non ha mai fatto niente per nessun altro che se stesso, un uomo che ostenta un palpabile disdegno per tutti i capitani precedenti e non mostra proprio nessun rispetto per i costruttori della nave, la sua storia o qualunque cosa essa rappresenti.”

“Il Capitano e la Gloria” di Dave Eggers. Feltrinelli

“Prede” di Gabrielle Fiteau-Chiba

“Mi infilo un paio di calze pulite e una maglietta dall’odore accettabile sotto l’uniforme, dove si sono già ammucchiati parecchi peli di cane. Correte, alci: la stagione della caccia alla balestra comincia ufficialmente stamattina. Dov’è la mia cintura? Quelli che si sono appostati con l’arco imprecheranno nella barba a sentire le detonazioni che impauriscono gli animali, intimando loro di inerpicarsi sugli Appalachi fino al limite delle nevi.
I miei vestiti sballottolano al vento. È così bello un filo del bucato. Soprattutto quando regge solo l’essenziale, pieno di rattoppi, di una vita senza artifici.”

“Prede” di Gabrielle Fiteau-Chiba. Edizioni Lindau