
Quando hai letto il tuo primo libro?
Il primo libro letto, in realtà me lo leggeva mio padre, è stato Oliver Twist. Mio padre amava Dickens, in realtà anche io, ma a otto anni gli chiesi di passare a Tex Willer. La sofferenza dei personaggi di Dickens mi aveva messa a dura prova.
Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
La prematura morte di un amico, tanto tempo fa. Per rendere non più relativa la percezione di quella realtà, l’idea di viaggiare in uno spaziotempo, dove non c’è passato né futuro, ma solo un gioco di specchi deformanti.
Scrivi ascoltando musica?
Scrivo facendomi suggestionare dalla musica. Mentre scrivevo questo libro ascoltavo i Clash, De André e gli AC/DC, mi riportavano al periodo in cui è ambientato il libro, ai sogni e alle passioni di una me stessa adolescente.
Preferisci libri stampati, audiolibri o e-book? Perché?
Amo i libri stampati, direi che ne sono dipendente, accumulo libri come se dovessi vivere mille vite. Leggere è un’abitudine che crea dipendenza, dal momento che inizi non riesci più a smettere.
Cosa ha ispirato l’ambientazione del tuo libro?
La mia città, Napoli. Se nasci a Napoli hai una sorta di mandato: scagliarti contro i tanti suoi problemi ma, nello stesso tempo, esaltarne meriti e bellezze. In un perenne ritorno a una condizione di figliuol prodigo, sempre e per sempre.
