“La Casa del melograno” di Simona Bertocchi: un romanzo appassionante di una grande famiglia fiorentina

a cura di lacasadellestorie.altervista.org | Francesco De Filippi

Una strana voce si diffonde in quel di Firenze, è quella del vento che entra indisturbato fino a insediarsi nei cuori per dare l’agognato segnale che stava aspettando da qualche tempo. C’è fermento nell’aria perché il passato si ripresenta come un nuovo e inaspettato futuro. Le città risorgono e lo fanno dalla loro Storia. I monarchi lasciano i bastoni e sostituiscono scettri e spade per difendere quel potere riconquistato dimostrando che hanno ancora qualcosa da dire. 

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Intervista a Simona Bertocchi, autrice di “La Casa del melograno”

a cura di thrillerstoriciedintorni.it

Il salottino di TSD oggi ospita Simona Bertocchi! Autrice nata a Torino, toscana di adozione, vive a Montignoso, provincia di Massa Carrara; delle sue due terre ha preso l’elegante rigore sabaudo e la creatività istintiva toscana.

Dopo diversi romanzi storici ambientati in epoca rinascimentale, con “La casa del melograno” hai deciso di cambiare completamente epoca e impostazione. Un romanzo che racconta le vicende dei Martini, famiglia fiorentina del XIX secolo. Come è nata l’ispirazione per questo libro?

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Intervista a Francesca Maffei, autrice del romanzo “Celeste, la bella”

a cura di nerdsbay.it

1. Com’è nato il tuo romanzo “Celeste, la bella”?

La vicenda narrata nel mio romanzo è ispirata a una storia vera accaduta molti anni fa a un componente della mia famiglia da parte materna. Ne sono venuta a conoscenza grazie alla ricerca genealogica intrapresa da un lontano parente. L’episodio era rimasto nella memoria della famiglia in maniera sfocata e omertosa, per questo motivo ho dovuto svolgere una lunga ricerca che mi ha portata a scoprire per gran parte la verità dei fatti e, laddove non sono riuscita ad arrivare, mi sono concessa di immaginare.

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“La moanarchia di Borgoferro” di Simone Corona: una storia molto attuale!

a cura di librimagnetici.blogspot.com

Le periferie delle grandi città italiane sono da sempre uno sfondo ideale per storie di vita e di umanità diverse; oggi, però, è difficile (a mio personalissimo parere) trovare scrittori che non cadano nel banale o in pallidi tentativi di ricalco degli indimenticati “ragazzi di vita” pasoliniani. Ma i personaggi dello stato immaginario di Borgoferro sono talmente vividi e reali che ci portano in una lettura coinvolgente e che non delude. È come un sistema, la cittadina di periferia di Ponteferro, dove Rico e Lele trascorrono le loro vite, formato da una quotidianità tanto diversa (il nonno con l’inizio di demenza, gli amici che cercano di formare una band musicale, i tossici sulle panchine del parco) quanto beffarda nel suo senso di ineluttabile sconfitta.

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