Questionario di Holden: Carlo Pruneti

Come scrivi di solito, a mano o col computer?
Generalmente scrivo direttamente sul pc o sul portatile, salvo improvvise intuizioni. Tipo una sera, già a letto, mi sono dovuto alzare a scrivere un’idea che mi era venuta in mente, o in treno, dove scrivo su un quaderno rilegato che porto con me.

Quando scrivi, preferisci farlo in totale solitudine o con un po’ di compagnia intorno?
Se “ispirato”, mi può capitare di scrivere ovunque. Ricordo una volta, in autostrada, mi venne un’idea mentre guidavo, per cui mi fermai all’autogrill e scrissi un paio di pagine. Posso scrivere anche in treno, ma l’ideale è la sera sul pc di casa.

Qual è il progetto su cui stai lavorando attualmente, e cosa ti entusiasma di più?
Sto penando ad un possibile proseguo della storia presentata ne Il viaggio, qualche pagina è già venuta fuori così come il titolo: Risvegli, vedremo se e cosa potrà venire fuori.

Preferisci immergerti in un libro cartaceo, ascoltarlo in versione audiolibro o leggerlo su un dispositivo digitale? E perché?
Ho una predilezione per il libro cartaceo, seguo le varie recensioni sui quotidiani e internet e, quando gli impegni di lavoro me lo permettono, vado volentieri alle presentazioni. Letteralmente non posso entrare in libreria ed uscire a mani vuote.

Hai una biblioteca personale o collezioni edizioni particolari di libri che ami?
Mi piace tutta la narrativa del ‘900 e oltre, con una predilezione, soprattutto giovanile, per la fantascienza. Ma ho anche libri di saggistica. Amo in particolare Ray Bradbury e Isaac Asimov, ma posso spaziare da Pirandello a Stephen King a Manfredi.

Questionario di Holden: Nanna J. Arland

Qual è la cosa più difficile che hai dovuto scrivere nel tuo libro?
Sicuramente la struttura del mondo Onirico e del Tratto come ponte tra le due finestre dei protagonisti. Non è facile scrivere e descrivere al meglio un nuovo modo di comunicare e di reinterpretare l’idea che abbiamo del “mondo dei sogni”.

Chi sono gli autori che influenzano maggiormente il tuo stile di scrittura?
Sono cresciuta con J.K. Rowling per poi approcciarmi ad autori come Sarah J. Maas e Castaneda. I sogni, le lotte, i balli a corte. Enemies to lovers, dark fantasy, romantasy. Ogni libro letto, ogni avventura ha influenzato il mio stile di scrittura.

Qual è il progetto su cui stai lavorando attualmente, e cosa ti entusiasma di più?
La saga di “Cronache oniriche” è ciò su cui mi sto focalizzando ormai da tempo. È un progetto ambizioso e la mia protagonista ne deve ancora passare di situazioni. Allo stesso tempo sto lavorando a un altro libro, un dark fantasy per la precisione.

Come hai creato il mondo o l’ambientazione del tuo libro? Quali elementi ti hanno ispirato?
I fiordi norvegesi e le sabbie dorate su cui Achille si allenava. C’è un mix di mitologie, culture e usanze ben equilibrato. La mia protagonista è un’onirica, figlia dei fiordi con la capacità di esplorare il mondo onirico. Insomma, una vichinga.

Se il tuo libro fosse adattato in un film, chi vorresti che interpretasse i protagonisti?
Ho il mio fan cast da tempo. James McAvoy come Adhemàr ed Eva Green come Lysegreen. Per i gemelli invece Matthew Daddario ed Emeraude Toubia. Ma ho tanti volti a cui darei dei ruoli! Si accettano proposte ovviamente!

Questionario di Holden: Alessandro Belogi

Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
I miei scrittori preferiti sono quelli di cui, ogni volta che li leggo, provo un sentimento di vertigine. Mi fanno sentire piccolo all’ombra della loro grandezza. Tra tutti, penso che il più brutalmente perfetto sia Kundera.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
La necessità di scrittura che sento dentro di me. Un desiderio quasi doloroso di comunicare il mio mondo interiore, imperfetto e sfuggente. Dargli vita attraverso le parole così da non lasciarlo marcire inespresso.

C’è una tematica ricorrente nelle tue opere? Se sì, quale?
La fuga costante dal reale, la ricerca di un rifugio attraverso l’immaginazione. Questo con tutti i suoi disagi: l’isolazione, lo straniamento dalla contemporaneità, l’incomunicabilità tra il proprio mondo interiore e l’esterno.

Se il tuo libro fosse un album musicale, quale genere o artista sarebbe la colonna sonora ideale?
Questo libro, pur chiamandosi “Blues”, lo sento più rock. Il rock degli anni ’60 e ’70, Led Zeppelin, King Crimson e Pink Floyd. Una bestia informe che ricerca insaziabilmente la bellezza, come appunto Echos dei Pink Floyd o Starless dei King Crimson.

Come affronti il momento in cui una storia che hai scritto giunge alla fine?
Mi sento vuoto e inizialmente triste. Ho sempre il terrore di non aver comunicato tutto quello che dovevo, di non aver reso alla perfezione l’idea che avevo in mente. Poi, rileggendo, se il lavoro è fatto a dovere, mi sento finalmente completo .

Questionario di Holden: Alessandro Dell’Aira

Qual è la cosa più difficile che hai dovuto scrivere nel tuo libro?
Concepirlo come una serie di cartoline dipinte con i piedi. Qualcuno mi aveva chiamato scrittore che non sa riconoscere le metafore. Lo aveva detto in modo sarcastico: uno spunto ideale per scrivere capitoli pieni di metafore chiarissime.

Hai mai vissuto il blocco dello scrittore? Come lo affronti?
Se l’ho vissuto è stato perché avevo di meglio da fare. Semmai sono un narratore, ho i miei trucchi: per esempio, narro qualcosa su Facebook partendo da un’immagine e in poche battute come in un tweet. Per me Facebook è un diario e una palestra.

Quando inizi a scrivere, hai già una visione chiara della trama o segui l’ispirazione del momento?
Dipende da che storia è. Se è una storia su vicende realmente accadute, la trama è chiara in partenza anche se l’intreccio no. Se è una storia tutta fantastica, neppure la inizio. Non sarei capace di scriverla e neppure di montarla.

Come affronti il momento in cui una storia che hai scritto giunge alla fine?
Non lo affronto, la storia di un romanzo in realtà non giunge mai alla fine. Il finale non è mai certo come l’incipit, perché magari a metà strada cambi idea, e a tre quarti pure. Mentre l’explicit non cambia mai.

C’è un libro in cui vorresti “vivere”?
L’Odissea. Non si sa chi l’ha scritta. Poi, perché adoro il mare, un tempo mi ci immergevo. Terzo, perché l’eroe torna a casa, mentre dal mare non è certo che si riemerga. Infine, perché ci sono ‘storie d’amore’ diverse, e il meglio è questo.

Questionario di Holden: Brice Grudina

Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
Ho iniziato a scrivere durante gli anni all’università, nella Facoltà di Lingue e Letterature di Cagliari. La passione è nata dopo aver scoperto le poesie, e soprattutto le vite tormentate dei poeti maledetti francesi. Tra tutti, Arthur Rimbaud.

Come scrivi di solito, a mano o col computer?
Dipende dai momenti: durante il giorno scrivo al computer, mentre la notte, quando avverto il bisogno di esprimermi e di lasciarmi andare, preferisco affidare i pensieri alla carta e scrivere a mano.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Ho voluto dedicare un pensiero a tutte le donne: la donna è il perno attorno a cui ruota la vita del poeta. Inoltre, desidero che la poesia diventi uno strumento sociale, capace di offrire aiuto e conforto a chi ne ha bisogno.

Com’è il tuo spazio di scrittura?
Lavorando come docente, sto allestendo a casa un vero e proprio ufficio, uno spazio tutto mio dotato di tutto ciò che serve anche per scrivere. Una stanza silenziosa, isolata e soprattutto comoda.

C’è una tematica ricorrente nelle tue opere? Se sì, quale?
L’amore, in tutte le sue infinite sfumature, e la donna, sua eterna complice.

Questionario di Holden: Anna Chiara Venturini

Chi è il tuo primo lettore a libro finito?
Una donna preziosa. Creiamo le scene del romanzo, facendo collage su quadernoni che diventano una sceneggiatura. Facciamo shooting per promuovere il libro. Corregge le bozze, non le scappa niente, adora le virgole. Si chiama Alice, figlia meraviglia.

Come hai creato il mondo o l’ambientazione del tuo libro? Quali elementi ti hanno ispirato?
Le sale affrescate del palazzo di una duchessa di fine ‘800. Quadri con i ritratti di famiglia, arredi. Ore trascorse in archivi, sommersa da fotografie e lettere, con grafie simili a stupendi scarabocchi da interpretare, il resto è lievitato da sé.

Hai una biblioteca personale o collezioni edizioni particolari di libri che ami?
Ho una biblioteca di circa 2000 volumi e li ho letti quasi tutti. Di loro so dove sono, in quale ripiano dormono. Di me loro sanno che li sveglio spesso dallo scaffale, qualcuno per colpa mia soffre d’insonnia. Nel loro silenzio scopro mille vissuti.

Qual è il momento più soddisfacente del processo di scrittura per te?
Quando arriva la mail dell’editore con l’allegato da revisionare. Allora mi siedo, comincio a sfogliare e incollo lo sguardo sul frontespizio e penso: “Ce l’ho fatta!” È in quell’attimo che la piccola creatura s’aggrappa per sempre alla mia felicità.

Se non fossi uno scrittore, quale altra professione ti piacerebbe intraprendere?
La Svuotasoffitte, così creerei storie nuove, le più diverse, scoprirei come la gente trattiene i ricordi o vuole dimenticare i propri vissuti. Sarebbe una corsia perfetta per lanciare al galoppo i cavalli bianchi della fantasia. Non li fermerei più.

Questionario di Holden: Helena Leinders

Qual è il momento più soddisfacente del processo di scrittura per te?
Quando sento che il lettore sta seguendo il coniglio bianco, sta entrando nel mio mondo e si sta perdendo in quello che scrivo. Vive e soffre insieme ai miei personaggi e mi chiede quando avrò finito di scrivere. Pensandoci sono un po’ sadica!

Come gestisci la critica costruttiva, sia da parte di lettori che di editori?
Sembrerà banale, ma la prendo come occasione di crescita. Spesso non è la pagina che lacrima, ma il nostro ego. Mi do’ una pacchetta sulla spalla, mangio un cioccolatino (ok, una torta al cioccolato), poi mi rimetto al lavoro!

Ti capita mai di scrivere in uno stile o genere diverso da quello che solitamente adotti? Perché?
Si, sono copywriter e ho imparato a usare varie voci, per lavoro. Spesso mi lascio anche influenzare dalle letture del momento, trovare la mia voce, ma la mia voce “leggibile” da scrittrice, non è stato facile, ma penso di avercela fatta!

Quando scrivi, cerchi di scrivere per un pubblico specifico o ti concentri prima di tutto su te stessa?
Mi attengo alla massima del grande Steven Spielberg che disse, nel suo On Writing: “Sono pagato per raccontare storie, non per autocommiserarmi”. Cerco quindi di prendere in mano il mio destino di cantastorie e appassionare le mie lettrici!

Come affronti il momento in cui una storia che hai scritto giunge alla fine?
Di solito capisco che una storia è finita proprio quando mi lascia in un silenzio esterrefatto. In quel momento solenne, mi capita di piangere, come se avessi perso un amico.

Questionario di Holden: Anna Paola Sanna

Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Marguerite Yourcenar, Marcel Proust, Virginia Woolf, Mark Twain, Ernest Hemingway, Emily Bronte. Tutti mi hanno fatto comprendere le infinite potenzialità della scrittura.

Come scrivi di solito, a mano o col computer?
Scarabocchio a matita appunti su un taccuino che porto con me, ma poi scrivo sul computer.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Sentivo il bisogno di scrivere un libro che desse spazio esclusivamente alla mia immaginazione (senza ricerca storica), e avevo voglia di inventare una trama noir.

Chi sono gli autori che influenzano maggiormente il tuo stile di scrittura?
Italo Calvino, Natalia Ginzburg, Marguerite Yourcenar e Ernest Hemingway. Per il linguaggio affine al parlato e alle volte mimetico in relazione ai luoghi e alle epoche. Mi piace anche in alcuni di loro il sottile umorismo.

Ricordi il primo libro che ti ha davvero emozionato?
Pinocchio, di Carlo Collodi. Per il bellissimo linguaggio, le straordinarie avventure, la voglia insopprimibile di libertà del protagonista.

Questionario di Holden: Valeria Cipolli

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Mi ha spinto il desiderio di affrancarmi da ferite antiche. È un viaggio di ritorno, non dal bambino all’adulto, ma dall’adulto al bambino. Un rientro intimo, dove l’adulto accoglie, integra e finalmente scioglie. Ed è lì che avviene la magia.

Com’è il tuo spazio di scrittura?
Non do alla scrittura una dimensione di spazialità ritualizzata: coincide col mio corpo, mano, pensieri, respiro. Mi abita e dove ci sono io c’è anche lei. Oppure no. Dipende se ha voglia. È libera come lo sono io. Siamo coinquiline rispettose.

Chi è il tuo primo lettore a libro finito?
CIl primo lettore è quasi sempre qualcuno della mia famiglia, di quel nucleo intimo che mi conosce da sempre. Spesso è mia madre: legge con occhi che sanno già chi sono, e forse proprio per questo sa vedere anche ciò che non dico.

Dovrebbero leggere il tuo libro ascoltando musica… (quale genere/artista/gruppo)?
“Who By Fire” di Leonard Cohen. È una canzone intimamente legata a una mia ferita infantile, su cui sto ancora lavorando. Ne rispecchia il tono e lo spirito: malinconia, bellezza e il tentativo di trasformare il dolore in poesia.

Collezioni qualche libro?
No, li vivo come incontri unici, come quelli tra le persone. Non mi interessa avere tutto di un autore, mi basta riconoscere quel libro che mi parla e con cui riesco a dialogare. Però i fumetti della Pimpa, quelli sì, li collezionavo!

Questionario di Holden: Iliana Iris Bellussi

Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
Fedor Dostoevskij, Italo Calvino, Annie Ernaux. Mi piacciono per la loro capacità di scavare nell’animo umano, se pur in modi differenti. E per la loro meravigliosa scrittura.

Quando hai letto il tuo primo libro?
Forse era il Natale della seconda elementare. I miei genitori mi avevano regalato un’intera collana di libri per ragazzi, mi sembra di aver letto per primo La piccola fiammiferaia o Piattini d’argento, non ricordo esattamente.

Come scrivi di solito, a mano o col computer?
Col computer! Ho sempre avuto una pessima calligrafia che spesso impediva a me stessa di capire cosa avessi scritto e il computer mi ha salvato.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Volevo capire meglio la mia complicata adolescenza e in qualche modo riconciliarmi con essa. In genere scrivo per conoscermi. Impresa assai complessa.

Puoi esprimere un desiderio. Vorrei saper scrivere come…?
Massimo Recalcati, da aggiungere alla lista dei preferiti. Ha un modo di scrivere per me speciale perché scava nella complessità semplificandola. È una scrittura generosa.