Questionario di Holden: Alessandro Izzi

Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
Forse non sarei chi sono senza aver letto Luigi Pirandello e Fëdor Dostoevskij che, all’età di 18 anni, mi hanno aperto mondi. Da lì in poi fatico a pensarmi senza Dante, Cavalcanti, Tasso, Leopardi, Pasolini e, recente scoperta, Gabriele Galloni.

Come scrivi di solito, a mano o col computer?
Appunti e note li prendo ovunque: anche sugli scontrini, sui tovaglioli o con messaggini autoinviati su WhatsApp. La scrittura vera e propria ormai è solo al PC, ma, di tanto in tanto, rimpiango le lunghe sedute di carta e penna di una volta.

Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Forse, il bisogno di grattare sotto la superficie dei tempi scuri nei quali viviamo. In fondo, l’horror più spaventoso è proprio il nostro presente. Anche il passato o il futuro di alcuni dei racconti di Häxan è il riflesso distorto dell’oggi.

Scrivi ascoltando musica?
Per me la musica non può essere un mero sottofondo. Semmai, una fonte di ispirazione e un modello strutturale. L’attesa della notte era, in fondo, una sinfonia, Häxan è una Suite e due racconti sono, rispettivamente, una ballata e una cantata.

Preferisci libri stampati, audiolibri o e-book? Perché?
Libri stampati. Gli ebook sono comodi, ma il ricordo di quanto letto tende a sbiadire in fretta. L’audiolibro per me non è libro. Piuttosto è un parente prossimo del teatro che mi priva della libertà fondamentale del lettore: decidere il mio tempo.

“Chiamami papà” di Marco Palagi: un romanzo che lascia vibrare corde vere che risuonano ancora, a lettura conclusa, come un eco…

a cura di close-up.info – Alessandro Izzi

Ha tutto il sapore del cinema indie americano, questo Chiamami papà, romanzo di Marco Palagi edito da Giovane Holden edizioni nel 2020.
Ha il sapore di un cinema piccolo, ma vitale, che affollava (prima del Covid) le vetrine di un Festival come il Sundance di Robert Redford, o come il Tribeca di De Niro e che poi arrivava sui nostri schermi quasi in sordina, per le programmazioni d’essay di chi era alla ricerca di un cinema d’autore senza stravizi o eccessi di intellettualizzazione.
Un cinema multietnico, a dirla tutta, che parla italoamericano, ma che strizza l’occhio, con inesausta nostalgia, alle vecchie commedie romantiche anni ’80 e ’90, discendenti, a loro volta, dalla grande tradizione del cinema di un Lubitsch che ancora ci indica la strada di una perfezione irraggiungibile.

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“Requiem dal buio e dal frastuono” di Alessandro Izzi: una silloge che sublima il dolore e si ritrova ad osannare la vita

dalla redazione di artspecialday.com – A cura di Antonia De Francesco

La poesia di Alessandro Izzi custodisce un intento, che è poi il suo potere: sublima il dolore, parlando del lutto, e così si ritrova ad osannare la vita di chi resta. La silloge poetica dal titolo Requiem dal buio e dal frastuono (Giovane Holden Edizioni, 2020) – vincitore del premio nazionale Bukowski per la sezione poesie – è una vera e propria “celebrazione laica”.

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“Requiem dal buio e dal frastuono” di Alessandro Izzi: una silloge che parla ai vivi della vita

dalla redazione di I Libri di Mompracen – A cura di Sandra Cervone

Quasi una Missa pro defunctis in 34 canti e due appendici la prima raccolta di versi di Alessandro Izzi, pubblicata da Giovane Holden ed intitolata Requiem dal buio e dal frastuono.
Un’opera delicata e complessa al tempo stesso che cattura e induce a riflettere. Non una tradizionale “preghiera per i morti”, bensì una silloge che parla ai vivi della vita, che parte cioè da un lutto ma per indicare un percorso di risalita, di ritorno alla luce.
Sicuramente una celebrazione laica che si nutre di speranza, di umanità, di solidarietà e condivisione del soffrire. L’Amen, infatti, non diventa il modo consueto di chiudere un cerchio, ma apre a nuove ed infinite possibilità.

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