
Quali sono i tuoi scrittori/poeti preferiti?
Forse non sarei chi sono senza aver letto Luigi Pirandello e Fëdor Dostoevskij che, all’età di 18 anni, mi hanno aperto mondi. Da lì in poi fatico a pensarmi senza Dante, Cavalcanti, Tasso, Leopardi, Pasolini e, recente scoperta, Gabriele Galloni.
Come scrivi di solito, a mano o col computer?
Appunti e note li prendo ovunque: anche sugli scontrini, sui tovaglioli o con messaggini autoinviati su WhatsApp. La scrittura vera e propria ormai è solo al PC, ma, di tanto in tanto, rimpiango le lunghe sedute di carta e penna di una volta.
Cosa ti ha spinto a scrivere questo libro?
Forse, il bisogno di grattare sotto la superficie dei tempi scuri nei quali viviamo. In fondo, l’horror più spaventoso è proprio il nostro presente. Anche il passato o il futuro di alcuni dei racconti di Häxan è il riflesso distorto dell’oggi.
Scrivi ascoltando musica?
Per me la musica non può essere un mero sottofondo. Semmai, una fonte di ispirazione e un modello strutturale. L’attesa della notte era, in fondo, una sinfonia, Häxan è una Suite e due racconti sono, rispettivamente, una ballata e una cantata.
Preferisci libri stampati, audiolibri o e-book? Perché?
Libri stampati. Gli ebook sono comodi, ma il ricordo di quanto letto tende a sbiadire in fretta. L’audiolibro per me non è libro. Piuttosto è un parente prossimo del teatro che mi priva della libertà fondamentale del lettore: decidere il mio tempo.



