“Il mallo verde” di Sandra Colomberotto: per gli amanti di racconti tenebrosi

a cura di libricarolina.wordpress.com

Un racconto semplice e d’impatto ricco di suggestioni ancestrali ed elementi noir, iniziato la mattina e finito la sera perché è davvero impossibile staccarsi dalle pagine. La storia fa riflettere e un po’ sorprende perché è ambientata ai giorni nostri ma racchiude in sé comportamenti e credenze arretrate, tipiche del mio Sud Italia. Leggendo le pagine sentiamo salire una certa inquietudine mista a una grande curiosità e ci assale una paura affilata e impalpabile che si insinua sotto la pelle alimentando le nostre fobie inconfessate e ben celate agli occhi altrui.

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“Paolino” di Maria Grazia Piastri: un racconto di amicizia e rispetto

a cura di insiemeamammaepapa.com

“Paolino” è un racconto per bambini che parla di amicizia e rispetto. L’autrice presenta i testi sia in rima che sotto forma di dialogo, rendendo la lettura piacevole e di facile comprensione soprattutto per i giovani lettori. In realtà il testo è rivolto ad un pubblico più vasto per ricordare, attraverso le vicissitudini del dispettoso protagonista, quanto siano importanti il rispetto per il prossimo – umani e animali – , la condivisione e la fiducia reciproca che stanno alla base delle grandi amicizie.

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“Inconsapevoli crisalidi” di Andrea Barbuto: un viaggio nella testa e nelle emozioni di ognuno di noi

a cura di lalibreriadimommy.altervista.org

Per l’autore questo è il suo primo romanzo e devo dire che non si direbbe affatto: scritto benissimo, una storia che non annoia, argomenti trattati con delicatezza che entrano diretti nella nostra testa e nel nostro cuore.
Voglio definire questo romanzo un viaggio nella testa e nelle emozioni di ognuno di noi, una storia che narra di amore, amicizia e cambiamenti, ma soprattutto, come sopportiamo tutto questo? Cosa pensiamo e cosa proviamo?

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“Lo svago bianco” di Andrea Olivo: racconti su una Milano buia e folle

a cura di Maria Landolfo

Si tratta di dieci racconti ambientati a Milano, in un caleidoscopio di situazioni di degrado morale e materiale, proprio delle grandi città. Spacciatori, drogati, una gioventù persa e povera di motivazioni, che sembra lasciarsi vivere, che parla uno slang tutto suo. Mi ha molto colpito il racconto del ragazzo senegalese simbolo dell’odissea che molti immigrati vivono tragicamente in un’Italia molto diversa dai loro sogni.
Credo che l’originalità del libro sia nello stile e nelle metafore forti ed efficaci nell’esprimere un sentimento di distacco e di partecipazione emotiva nello stesso tempo da parte dell’autore. Sembra che voglia analizzare le situazioni in modo molto realistico, riproducendo il linguaggio gergale, pieno d’inglesismi informatici tipici delle nuove generazioni, ma traspare anche una profonda partecipazione ai drammi vissuti dagli sfortunati personaggi. La città che “mastica e sputa fuori nel tempo di un’estate, come una moneta da un distributore automatico impazzito” rende l’idea dell’assurdità di certe situazioni e di vite balorde. Sono racconti che focalizzano l’attenzione sulle dipendenze giovanili, droga e gioco in particolare, e su giovani vite risucchiate da spirali di violenza e indifferenza, che credono nella fortuna, nella mano vincente, nel lancio delle monetine per risolvere la loro precaria esistenza. I protagonisti sembrano abituati allo squallore, non si lasciano andare alla disperazione e lucidamente vanno incontro al loro destino da eterni perdenti e vinti.
Il lettore accompagnato in questo viaggio in una città buia, notturna e folle alla fine potrà essere invaso da una certa amarezza ma di sicuro non sarà più indifferente di fronte a queste esistenze “sbagliate” e “allucinate”.

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“Non sai fare altro” di Maurizio P. De Rosa: cronaca di un’estate disperata

a cura di Maria Landolfo

Mario Galimberti è un cinquantenne separato in ferie, insofferente nei confronti del dolore altrui e del proprio, claustrofobico, un uomo allo specchio, ossessivo e insoddisfatto, tormentato da incubi notturni e dai suoi autoinganni, e  teme sopra ogni cosa la solitudine.
Si muove in una immota città antica e su spiagge deserte del litorale romano, la cui immobilità fa da contrasto all’irrequietezza del suo tormento e tumulto interiore.
Il demone interiore del protagonista lo trascina in passioni disperate e angosciose, in perenne fuga da se stesso. Non ha ancora rielaborato il fallimento del suo matrimonio e intraprende relazioni brevi e superficiali con donne molto diverse tra loro, ognuna con un carattere e una personalità diversa: l’amica comprensiva, la prostituta esperta della vita, la donna libera e spregiudicata, una rancorosa ex moglie… Donne tutte diverse tra loro, le cui aspettative e richieste d’amore, di vero amore e non di mera attrazione erotica, inevitabilmente il protagonista disattende con i conseguenti sensi di colpa , rimorsi e rimpianti.
Questo romanzo è la cronaca di un’estate disperata, in un’altalena di situazioni di euforia e di angoscia. Il protagonista consapevole delle sue debolezze e dell’incapacità di legarsi e provare un reale sentimento d’amore si muove in contesto di relazioni basate sulla paura della solitudine o sul desiderio di “sistemarsi”.
Infatti, sembrano presentarsi a lui solo due opzioni: la passione erotica, la leggerezza dell’incontro, l’euforia del sesso oppure l’amore, il sentimento, un legame inevitabilmente soffocante e noioso.
Il titolo rievoca il tono accusatorio con cui le donne, con cui s’intrattiene, si rivolgono a lui chiedendo o pretendendo cose che non riesce a dare e neanche a comprendere fino in fondo.   
Il sottotitolo recita “storia di infelicità e di rare eccezioni” e aggiungerei “storia di incomunicabilità” per i dialoghi disperati tra l’uomo e le sue donne.
La rara eccezione sembra essere Chiara: una donna dedita al figlio gravemente malato, che attira la sua attenzione non per l’aspetto fisico, ma per la dedizione assoluta al figlio e sembra averlo intimamente colpito. Descrive con delicatezza, infatti, il rapporto madre e figlio, la cura e la stanchezza di questa donna, e lui, insonne, osserva entrambi mentre dormono, nel momento di massima vulnerabilità, li vede come anime candide destinate al dolore e alla sofferenza in un mondo negativo dimenticato da Dio. E di fronte al mistero che avvolge la madre e la donna l’uomo prende coscienza della sua fragilità, essendo alla continua ricerca di una nuova passione, incapace di dedizione e di amore concreto per qualcuno al di fuori di se stesso.
Il fulcro della narrazione sembra ruotare intorno dei quesiti essenziali: si può, da un momento all’altro, decidere di cambiare la propria natura? Può un incontro cambiare la nostra vita e renderci migliori e capaci di amare? Si può davvero rinascere in una nuova alba della nostra esistenza?
“L’alba è l’ora migliore per lui, l’ora della liberazione dalla notte, dalle tenebre, dall’impossibilità di dormire. La luce dell’alba lo allontana dai suoi demoni, tutto sembra tornare ad avere un senso.”
Cosa attende Mario, alla fine di questa frenetica odissea estiva, dopo un susseguirsi febbrile e convulso di incontri balordi e notti brave all’accanita ricerca di sesso e di amore? Il superamento del fallimento personale e la ritrovata capacità di amare o la conferma di una cinica e disillusa visione dei rapporti uomo-donna?

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