
di Gabriele Panigada
Avete riesumato il vostro logoro vestito da strega o da putrescente zombie? Vi siete già messi alla ricerca di una mastodontica zucca? Se siete anche voi dei patiti di lugubri feste d’oltreoceano, non vi farete di certo trovare impreparati per questo Halloween… anche se, ci scommetterei, non conoscete uno dei riti che quella sera dovreste assolutamente praticare. Volete sapere di cosa si tratta? Mmmh… questa è roba da iniziati. Ma se proprio insistete, avvicinate l’orecchio e ascoltate. E non ditelo troppo in giro.
Se nella magica notte di Samhain bazzicate le mura silenti di Lucca, raggiungete il duomo e, tra la nebbia dell’autunno che avanza, addentratevi sotto il portico deserto. Sull’ultima colonna alla vostra destra ecco inciso il labirinto e accanto a lui un’iscrizione latina. Senza essere visti, con l’indice iniziate a percorrere la traccia ingarbugliata da destra e in silenzio scandite le parole: Hic quem creticus edit Dedalus est laberintus, hus de quo nullus vadere quivit qui fuit intus, ni Theseus gratis Ariadne stamine iutus. Dopo aver raggiunto il cuore del groviglio e pronunciato la formula, fluite via come ectoplasmi senza voltarvi, adesso immuni da qualsiasi sortilegio che maligne presenze potrebbero tendervi, in quell’oscurità maledetta in cui cielo e inferi si toccano.
Ma siamo impazziti? Unire una cattedrale a un’atavica festa pagana… Niente affatto! San Martino non è che il corrispettivo cristiano del celtico Lugos, il dio battagliero del Sole, ritratto spesso a cavallo mentre con una mano brandisce una spada e con l’altra una mezza cotta… proprio come il santo misericordioso che, non dimentichiamolo, è il protettore dei militari e il cui nome significa ’appartenente a Marte’, al dio romano della guerra. E non immaginate quanto daffare si sia data la Chiesa delle origini per sostituire il luminoso nume celtico, particolarmente radicato nella cultura italiana, con il benevolo cavaliere cristiano. Bizzarro? Pensate che persino il nome di Lucca potrebbe condividere la stessa etimologia di Lugos, cioè derivare dall’indoeuropeo *leuk, che vuol dire ’luce’.
Ecco che il capodanno celtico, le cui celebrazioni duravano per giorni e giorni fino alla nostra estate di San Martino e che oggi rifiorisce in Halloween, ha lasciato nella cittadina toscana una presenza davvero insolita e tangibile. Una festa tra l’estate e l’inverno, la luce e il buio, la vita e la morte: il punto zero del tempo in cui tutto è possibile, quando l’aldilà può persino tornare a farci visita…
E il labirinto? Un momento! Ma… quello di San Martino è composto da un’unica via: per quanto sia tortuosa è impossibile perdersi, si giunge sempre alla fine… Che diavolo di labirinto vi porterebbe al suo centro a colpo sicuro? Ebbene, il simbolo è più complesso di quanto sembri, le verità non possono essere rivelate a buon prezzo: è una sorta di spirale, arcaico tracciato a segnare il percorso del Sole e del tempo, un esorcizzare la morte e un augurio verso una perpetua rinascita nella luce. Anche la didascalia non fa che dircelo: il mito di Teseo e del Minotauro… e come si salva il bellimbusto ateniese? Semplice, col filo di Arianna, il furbo stratagemma suggerito dalla giovane nipote di Helios, il dio greco del Sole. Come dire: dalla morte se ne esce solo con una bella donna e un raggio di sole.
E pensare che Halloween sembrava soltanto una pittoresca e un po’ macabra baldoria di paesi lontani, giunta a noi con consumistici gadget a forma di zucche sdentare e scheletri buontemponi. In verità, le sue radici scendono così a fondo nella nostra cultura da rasentare l’oblio. Morale: talvolta, mutare punto di vista può davvero illuminare.
Dolcetto o scherzetto? Senza dubbio scherzetto… come quello di chi ci ha nascosto lo specchio per secoli.
