“Le Assaggiatrici” di Rosella Postorino: una storia poco conosciuta ma di grande impatto emotivo

a cura di Venusia Marconi

“Ma in fondo dare la vita è sempre condannare alla morte, diceva Gregor. Davanti al creato, Dio contempla lo sterminio.” Si legge nel libro. E la morte è proprio una delle protagoniste del romanzo di Rosella Postorino, la quale trae spunto da una storia vera letta su un giornale italiano nel 2014. Quattro anni dopo esce Le Assaggiatrici, il libro in cui la voce di Rosa Sauer ci narra un aspetto poco conosciuto della Germania nazista.
È il 1943 e dodici donne vengono reclutate per assaggiare, appunto, il cibo destinato a Hitler, onde scongiurarne la morte per avvelenamento. Ogni giorno, per tre volte, queste donne si siedono alla mensa del terrore, costrette a fare i conti con la fame e con la morte. Ogni giorno attendono che quel cibo, dopo averle saziate, le uccida davanti allo sguardo severo e beffardo delle SS. Ogni giorno sono dilaniate dal senso del sacrificio per il Führer e la paura.
Queste donne, che col trascorrere del tempo imparano a conoscersi e a trovarsi, hanno il loro bagaglio di storia personale che si intreccia con gli eventi della Storia in comune che stanno vivendo.
In particolare, assistiamo alla vicenda di Rosa, berlinese, come viene chiamata a sottolineare la sua diversità rispetto alle colleghe, trapiantata in Polonia a casa dei suoceri. Il suo racconto si snoda su due piani temporali. Il primo è quello del presente della voce narrante con Hitler fisicamente nel rifugio segreto ma la cui ombra compare nelle divise, nei bombardamenti e nel cibo; con le assaggiatrici che vivono drammi e segreti anche molto importanti; con il dolore causato da Gregor il quale, dopo un anno di matrimonio, ha scelto di partire per il fronte senza neanche lasciarle il conforto di un figlio in grembo. L’altro piano temporale riguarda il passato di Rosa dove, tra i dolci ricordi della famiglia, non mancano certo dolori e lutti. Quest’alternanza rende maggiormente comprensibili alcuni pensieri della giovane donna e, dal punto di vista strutturale, agevola la lettura, spezzandola con ritmi diversi.
La pecca del libro, vincitore di due premi letterari, è tutta in un finale che lascia perplessi e a tratti delusi. Sarebbe stato necessario un maggiore sviluppo del contesto storico? La risposta dipende da cosa cerchiamo nel libro man mano che ascoltiamo la voce emozionata, spaventata e dignitosa di Rosa Sauer.

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