Legami

Il dottor House è un bastardo! Non uno che ci fa, lui c’è per davvero, ci si impegna, è una spina in un fianco, dispotico, cinico, arrogante, maleducato, rifugge i rapporto umani, giudica, pretende, offende… Totò direbbe che è un uomo così antipatico che dopo la sua morte i parenti chiedono il bis. È un uomo pieno di difetti nella sua genialità ma, fondamentalmente, è un uomo solo e infelice. Un infarto a un muscolo della gamba destra lo costringe a vivere quotidianamente nel dolore, a drogarsi di medicine per rifuggirlo, a ’inebriarsi’ dei casi clinici per schivarlo. E un uomo solo, per quanto possa essere bastardo, vuole quello che vogliono tutti prima o poi: un legame. E i legami vanno al di là delle definizioni di etero o gay, i legami pretendono una connessione con un altro essere umano, un contatto fisico e viscerale, qualcosa che possa portarci in quel posto chiamato ’casa’ ma che non è fatto di mattoni e cemento, bensì di calore e condivisione.

In questo tempo di Feste un uomo solo si sente più solo e non c’è bisogno di utilizzare come esempio il personaggio fittizio di una serie tv per capirlo, un uomo deve condividere la propria vita con un’altra persona. Punto.
La famiglia del 2010 è molto distante da quella di cinquant’anni fa, non solo in termini temporali. I matrimoni scarseggiano o non durano, le relazioni stentano a maturare e si fa sempre più fatica ad accettare ciò che non è perfetto per i nostri standard. Ma in fondo cos’è veramente perfetto? Ecco una domanda alla Marzullo. Una donna bionda con gli occhi azzurri e un bel corpo? Un uomo palestrato e coraggioso? Probabilmente non solo questo. Cosa allontana allora le persone? È una domanda a cui ognuno di noi potrebbe rispondere da solo. Ciò che allontana il dottor Gregory House dai legami è la terribile e sacrosanta paura del dolore. House mette alla prova il proprio team, lo spinge al limite professionalmente e personalmente, contribuisce a mandare all’aria le loro vite affinché, nel riuscirci, possa avere con loro un qualche perverso momento di condivisione, nella sconfitta e nel dolore. Il suo proposito non è sbagliato, forse lo è il modo, ma quel geniaccio di diagnosta sa che nella prova ci sta il successo tanto quanto la sconfitta, è una lotta alla pari. Così come arriva alla diagnosi giusta mettendo alla prova e in pericolo la vita dei pazienti. House è solo, questo lo abbiamo detto. Il suo unico amico, badate bene non è un pediatra, è un oncologo, un uomo che sa cos’è il dolore altrui ed è l’unico che può sostenere la sua pazzia. E un istituto di salute mentale ha accolto quella pazzia, un paio di stagioni fa, per ripulirlo dalle droghe tentando di renderlo più umano.
I legami si possono costruire anche a distanza. Adottare un bambino, così come la dottoressa Cuddy fa nella sesta stagione del telefilm, è una benedizione e non solo una donna sente il bisogno di avere un figlio e di sentirsi chiamare mamma. Anche i maschietti, nella loro apparente imperturbabilità e freddezza, spesso si addormentano la sera con la speranza che una donna possa accoglierli nelle loro vite, questo è vero, ma in fondo ogni uomo, prima o poi, vuol sentirsi chiamare papà.
Quello che la settima serie di questo telefilm ci dirà è che tutti, prima o poi, ci abbandoniamo alla necessità di un legame, sebbene ci terrorizzi e affascini e respinga e abbracci. La dottoressa Cuddy è al di là di quello scoglio che arginava il mare, come direbbe Battisti, e basta un leggero salto per raggiungerla, basta un po’ di coraggio per non aver più bisogno del Vicodin.
A volte sono i compagni a trovare noi. E per quanto proviamo a respingerli, riescono sempre a entrare nelle nostre vite. Fino a quando non capiamo quanto avevamo bisogno di loro.

Trasmessa a partire dal 2004 da Fox e ideata da David Shore e Paul Attanasio, la serie televisiva statunitense Dr. House – Medical Division ha fatto proseliti in tutto il mondo e dallo scorso settembre vede trionfare negli States la settima serie.
L’indiscusso punto di forza è il dottor Gregory House, il protagonista interpretato dall’attore inglese Hugh Laurie. Primario di medicina diagnostica specializzato in nefrologia e infettivologia, si trova a capo di un pool di medici incaricati di diagnosticare l’indiagnosticabile presso il fittizio ospedale universitario Princeton-Plainsboro Teaching Hospital, nel New Jersey. La sua totale non convenzionalità lo ha reso da subito l’idolo del pubblico: pur dotato di capacità ed esperienza senza eguali, il suo carattere schivo e irascibile lo porta a visitare di malavoglia i pazienti per il minor tempo possibile, spesso deridendo le loro debolezze spinto dalla convinzione che ’Everybody lies,’ tutti mentono: vero e proprio dogma alla base del suo comportamento apparentemente pigro e menefreghista.
Claudicante e sempre avvinghiato al suo bastone, il dottor House è reduce da un infarto che gli ha causato la perdita parziale dell’uso del quadricipite e una necrosi dei tessuti nervosi della gamba destra, fonte di dolori cronici resi sopportabili dall’assunzione quotidiana di Vicodin, un analgesico a base oppiacea, una vera e propria droga.
Novello Sherolck Holmes, figura letteraria da cui il creatore ha dichiarato di aver tratto ispirazione, ormai avvinghiato a un’espressione perennemente accigliata e insofferente, grazie alla perspicacia sul lavoro e alla geniale abilità nel capire i problemi delle persone, rivela suo malgrado una profonda umanità e la dote di saper affrontare con ironia i baratri dell’esistenza. All’apparenza avverso agli eventi e a ogni rapporto umano, il suo buon cuore è costretto a cedere di fronte all’amicizia con il primario di oncologia James Wilson e all’amore verso Lisa Caddy, la direttrice sanitaria dell’ospedale. Un bacio ha incrinato irrimediabilmente il ghigno della sua maschera e da lì a ricercare la presenza di una donna in grado di dare un senso diverso alla sua vita, chissà… Del resto, everyboy lies. Quanto ancora sarà disposto a resistere?

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.