“Non siamo più noi stessi”: un libro onesto, una saga familiare forse tra le migliori degli ultimi dieci anni

a cura di Marco Palagi

Thomas ha impiegato dieci anni a scrivere questo romanzo e anche senza avere questa informazione prima di leggere il libro si intuisce che tra le pagine c’è stato un lavoro minuzioso e lungo, una costruzione dei personaggi curata nei dettagli, il loro carattere, le loro aspirazioni. Aspirazioni che ci portano verso il “sogno americano”, quello della bella casa in un bel quartiere con un bel lavoro, ma affrontato con la capacità di un narratore di altri tempi, senza cadere nel banale, nel già visto e letto. Eileen, la protagonista del romanzo, è questo che vuole dalla vita, per se stessa e per la propria famiglia, pagina dopo pagina continui a chiederti cosa sia disposta a fare per raggiungere quel sogno, se riuscirà a farcela da sola o qualcuno verrà in suo aiuto. “Non siamo più noi stessi”, per fortuna titolo tradotto fedelmente dall’originale “We are not ourself”, è un libro di 733 pagine, le ultime 400 lette (personalmente) in una sola giornata, e quando lo finisci senti quel vuoto triste e solitario tipico dei libri che lasciano il segno, che vorresti fossero di un numero indefinito di pagine, che ti raccontassero quello che manca tra le righe, quello che manca dopo la fine. Personaggi ben costruiti, ti ci affezioni nonostante a volte facciano degli errori madornali, pagine in cui ti chiedi: “Ma cosa diavolo sta facendo, perché si comporta così?!” Ha una grande capacità, l’autore, di trasmettere le emozioni attraverso le parole semplici, non c’è niente di aulico nelle sue pagine, ma non per questo il suo stile descrittivo è mai banale o prolisso né tantomeno semplicistico. Le 733 pagine sono tutte necessarie, lo spaccato è quello di una famiglia newyorkese che fa fronte alle belle e terribili prove che la vita mette loro davanti, con vigore, coraggio e spirito di sopravvivenza. Un libro onesto, una saga familiare forse tra le migliori degli ultimi dieci anni. “Empatia” è la parola chiave di questo romanzo, l’emozione più forte che proverete leggendolo.

“Prometto di sbagliare”: un inno all’Amore

a cura di Marco Palagi

Solitamente si è portati a ricercare, nelle prime pagine di un libro, la trama, il filo conduttore da seguire per tutta la durata del romanzo, i personaggi ricorrenti, il loro carattere, il loro viaggio. Beh, non aspettatevi questo da “Prometto di sbagliare” di Pedro Chagas Freitas.
Ecco, ora qualcuno di voi a questo punto penserà che il libro non sia un buon libro e che risulti farraginoso o di difficile lettura. In realtà questo romanzo è un inno all’amore, sull’amore inteso nel senso più ampio del termine. I temi fondamentali in queste pagine sono la vita, il rapporto di coppia, e l’amore ovviamente, quel sentimento che divora, attanaglia, fa male, dà forza, distrugge, che è tutto ed è niente allo stesso tempo, ma ti fa andare avanti e ti dà il coraggio per superare ciò che più ti fa paura nella vita.
Questo libro sorprende, è un romanzo forte, che attacca deciso e non fa prigionieri, che ruba l’anima e la trasporta in un altro Universo, che non molla la presa fino all’ultima pagina. I personaggi (tanti) narrati nelle 400 pagine sono raccontati frugalmente (e a ragione, badate bene), come note su un immenso spartito, a volte hanno nome ma a volte sono soltanto uno di noi, noi che ci ritroviamo in quelle parole e aspiriamo a quei sentimenti, alla forza di quei palpiti.
Qualcuno potrebbe cogliere un principio di trama nella vicenda che lega i due amanti che si ritrovano dopo anni di lontananza, ma faccio fatica a rilegare a loro il ruolo di protagonisti della storia. L’Amore è il vero protagonista e le frasi che raggiungono quasi vette filosofiche accompagnano noi lettori verso il tumulto di emozioni che suscita e che vorresti non ti abbandonassero mai. L’unico modo per leggere questo libro è lasciandosi andare ad esso, alla sua poesia, facendo proprie le frasi lette, quei sentimenti così magistralmente descritti e quelle emozioni che troppo spesso, nella vita reale, diamo per scontate.
Da rileggere, certo, anche da metà o dalla fine, non importa, lasciatevi catturare dalla vertigine dell’amore di Pedro Chagas Freitas.

“L’animologo”: l’essenza più profonda del linguaggio è quella che ci connette al cuore

dalla redazione di di Sololibri.net – a cura di Francesco Coppola

Se i preti sono i medici spirituali dell’anima, ci vorrebbe, per la cura delle anime, anche un medico laico: l’animologo. O forse ci vorrebbe (basterebbe) un amico, come cantava Venditti qualche tempo fa: Giorgio, il protagonista del romanzo L’animologo di Antonia De Francesco, un amico sembra averlo trovato in Levante, mai conosciuto se non attraverso un carteggio che lo stesso intratteneva con la famiglia durante la Seconda guerra mondiale, mentre era al fronte, dove, per paradosso, si sentiva non più solo e sperduto del giovane protagonista del racconto.
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“Giorni di fuoco”: un romanzo duro, crudo, che prende allo stomaco

a cura di Marco Palagi

“Giorni di fuoco” di Ryan Gattis è un romanzo duro, crudo, che prende allo stomaco, una vicenda reale e violenta che ci permette di comprendere qual è, a volte (o spesso), la vera anima dell’essere umano, un’anima intrisa di dolore e vendetta, di “occhio per occhio” e mai perdono e comprensione.
I giorni di fuoco del titolo sono quelli che prendono il via il 29 aprile 1992 e si concludono sei giorni dopo e segnano una tappa dolorosa della storia di Los Angeles, a seguito della fine di uno dei processi più celebri della storia americana nel quale il tribunale assolve quattro poliziotti coinvolti nel pestaggio di Rodney King, tassista afroamericano. Passano meno di due ore dal verdetto e la città degli angeli diventa un inferno di fuoco e omicidi e rappresaglie. Quale migliore occasione per le gang di quartiere di regolare i loro conti in sospeso? O per razziare negozi e case? I poliziotti sono inferiori di numero, si fa ricorso alla Guardia Nazionale, i pompieri sono costretti a spegnere un incendio dopo l’altro rischiando persino di essere uccisi dalla guerriglia urbana o di armarsi loro stessi per proteggersi. L’odiata LAPD è sopraffatta, “all involved” come il titolo originale del libro dà una percezione molto precisa di quei giorni, “ci sono tutti dentro”, nessuno escluso.
Un ottimo libro, potente e disarmante in alcuni punti, un pugno in faccia e allo stomaco e alle giunture in altri, il romanzo è narrato sotto diversi punti di vista da persone e personaggi totalmente differenti l’uno dall’altro: dal ganster all’innocente che si trova in mezzo alle rivolte, dalla suora al vigile del fuoco, dall’agente dei servizi speciali che non fa sconti e usa la violenza come unico mezzo di comunicazione al cervello della gang dell’“hood”, rione di Lynwood, “Big Fate”…
Los Angeles diventa un grande campo di battaglia e puoi decidere di barricarti in casa e sperare che tutto finisca il prima possibile oppure scendere in strada, armato, e cercare vendetta o un modo per approfittarti di quel caos. Nonostante i continui cambi di punti di vista e i tanti personaggi di quei giorni, Gattis riesce ad amalgamare in modo superbo una delle storie più raccapriccianti e riprovevoli della nostra storia umana, che termina con 60 morti e 2300 feriti, almeno quelli ufficiali, perché non è dato sapere quanti corpi sono stati fatti sparire in quei sei terribili giorni.
Un romanzo non adatto per chi cerca una storia nella quale immedesimarsi, adatto invece per chi invece ama la tensione narrativa e una genuina, seppur drammatica, esposizione dei fatti di cronaca.

“Il ladro di voci”: nelle trappole della psiche umana

a cura di Marco Palagi

È raro che un uovo autore riesca a catturare l’attenzione dei lettori nel modo in cui c’è riuscito Jacob Rubin con il suo “Il ladro di voci” (“The Poser”). Ci riesce con lo spirito, l’immaginazione e la prosa tipica di alcuni scrittori classici, american e non. Il suo stile narrativo fa ben sperare per una nuova generazione di artisti, perché la storia ha un grande carattere e una spiccata profondità.
Il protagonista si chiama Giovanni Bernini ed è buffo, ma allo stesso tempo evocativo, che abbia utilizzato questo preciso cognome, che ricorda il celebre pittore e scultore Gian Lorenzo Bernini. Possiamo dire che (senza in alcun modo fare paragoni, ovviamente) entrambi dipingono e scolpiscono, l’uno personaggi e situazioni e anime e l’altro tele e statue e colonnati. Il Bernini di Rubin è un intrattenitore nato, sin dalla nascita fa performance casalinghe di fronte alla mamma e tra i banchi di scuola e si presenta come un anti-eroe nel senso più ampio del termine. È un imitatore, ma questa parola racchiude così poco del personaggio, la sua arte va al di là della semplice imitazione della voce o della postura di certi personaggi famosi, lui non imita attori o donne di spettacolo. Lui imita me, imita noi, lui è noi. È così umano che non riesce a esprimere la sua umanità, se non attraverso la sua arte.
Ma chi è realmente Giovanni Bernini? La sua trasformazione avviene quando conosce Lucy Starlight, una bellissima ed enigmatica cantante che lo infiamma dentro, infiamma le pagine e da quel punto in poi lui e il libro non sono più gli stessi.
Jacob Rubin indaga nella psiche di Giovanni e, più specificatamente, ci mostra quali trappole e insidie ci metta di fronte la psiche umana. Andiamo alla ricerca, con Rubin, della voce interiore di Giovanni, vorremmo aiutarlo a trovare se stesso in mezzo a tutte quelle persone che spettacolo dopo spettacolo impersona sui palchi che lo hanno reso famoso, ma che lo ha portato inevitabilmente a interrogarsi sull’essenza del suo vero “io”. Riuscirà Giovanni a ritrovarsi o a conoscersi per la prima volta?
Un romanzo d’esordio fresco e travolgente, una narrazione pulita che vorremmo trovare spesso negli autori delle nuove generazioni. Da leggere e da consigliare.